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Per lo chef Nandan Bhoopalam, il cibo è memoria

da | CONSIGLI DALL'ALTO, CONSIGLI PROFESSIONALI, LASCIATI ISPIRARE

Da un passato nella fast finance ai vol-au-vent vegani, la vita personale e professionale dello chef Nandan Bhoopalam è un mix di fusione culturale ed eventi propizi. Un’esperienza che gli ha cambiato la vita e un’acuta intuizione lo hanno portato dal Sud dell’India al suo paese adottivo, il Portogallo, passando per una scuola di cucina in Svizzera. Per Nandan, il cibo deve essere in grado di onorare e sanare mente, corpo e anima, una filosofia che condivide con gli studenti in giro per il mondo e con gli entusiasti clienti del Princesa do Castelo, il suo vivace ristorante vegano di Lisbona. 

Da dove viene il tuo amore per la cucina? 

La cucina è sempre stata molto importante per me. Mia madre, come molte madri indiane, è un’ottima cuoca e ogni giorno, dopo la scuola, stavo con lei in cucina per aiutarla, vedere cosa preparava e trascorrere del tempo insieme a lei. Il cibo è memoria perché spesso quello che mangiamo ci riporta indietro alla nostra infanzia.

Quando ho deciso di studiare per diventare chef, ho valutato moltissime scuole alberghiere in India, ma ai tempi ero vegetariano (ora sono vegano) e non riuscivo a trovare nulla che rispondesse alle mie esigenze alimentari. La cosa era alquanto sorprendente considerato che nel sud dell’India, da dove vengo, la cucina è predominantemente vegana. Poi, ho scoperto che il gruppo SEG si trovava in India per una fiera di orientamento scolastico. Sono passato dal loro stand ed è stato subito chiaro che avevo zero esperienza, ma mi hanno accolto comunque a braccia aperte, e quello è stato uno dei momenti che più hanno segnato la mia vita. 

Nel 2010, un incidente quasi mortale mi aveva costretto a letto per 3 mesi e, in quel momento, ho capito che dovevo fare quello che amo. E così, nel 2011, mi sono iscritto al programma SMHS. È stata una delle migliori decisioni che io abbia mai preso. 

Che tipo di corso era?

Abbiamo studiato un po’ di tutto: gestione operativa, gestione alberghiera, pulizia, front office... sono state molte ore ma è stata un’esperienza incredibile. È una scuola internazionale e i docenti provengono da ogni parte del mondo. Avevamo insegnanti francesi, inglesi, turchi, malesi, e con molti di loro ho mantenuto i contatti.

Ho avuto l’opportunità di imparare da persone diverse e l’istruzione in Svizzera è molto... precisa. All’inizio dell’anno ci veniva consegnato il calendario, che veniva seguito alla lettera, senza cambiare nemmeno una virgola. Se un insegnante non si sentiva bene, chiamavano un sostituto. Era anche uno dei pochissimi posti in cui offrissero agli studenti alternative vegetariane. La prima volta che ho toccato la carne è stato a lezione di cucina. Lo chef ha notato il mio disagio e mi ha proposto di spostarmi alla stazione dei piatti freddi o a quella dei dessert. Ma io ho risposto di no. Amo imparare cose nuove, e volevo imparare anche quello. A quel tempo, i concetti di vegetarianesimo e veganismo erano per lo più sconosciuti, e non era facile trovare un lavoro vegetariano se non in un ristorante indiano. Mi ricordo che, quando sono stato in Italia 10 anni fa, l’unica cosa che potevo mangiare era la pizza margherita. 

Da dove trai ispirazione?

La base è la cucina della mia famiglia. Ma la maggior parte della mia creatività viene dalla materia prima in sé. È difficile pianificare un menu senza sapere quali sono gli ingredienti disponibili. Io faccio prima la spesa al mercato, vedo cosa c’è, e poi lavoro a ritroso per creare un menu in base a quello che trovo. Mi piace adattare la materia prima locale a un piatto tradizionale e, a volte, il risultato è migliore dell’originale!

Ieri ho cucinato in campagna per un gruppo di 25 persone e ho preparato un dessert che va fatto con perle di tapioca, latte di cocco e ananas ma, invece dell’ananas, ho usato i cachi. Ed è venuto buonissimo. Quindi, la prossima volta lo rifarò così. Ho preparato anche un pastel de nata vegano, con chai e latte di cocco.

Qual è la tua filosofia in cucina?

Il cibo dovrebbe scaldare il cuore, dovrebbe essere terapeutico. Il cibo è medicina. Le spezie hanno proprietà medicinali, e si tratta di trovare la giusta combinazione per prendersi cura del proprio corpo. Con l’arrivo dell’inverno, abbiamo bisogno di cibo che ci scaldi, in estate, invece, di cibo rinfrescante. Con l’alimentazione, possiamo tenere il corpo in equilibrio e accrescere le nostre difese immunitarie per ridurre la probabilità di ammalarci o di attrarre virus indesiderati. Possiamo anche aumentare i livelli di emoglobina con il ferro contenuto negli spinaci e gli omega 3 dei semi di lino. Come vegano, quando sono malato, mangio del khichdi. È uno stufato molto gustoso a base di riso, lenticchie e spezie. È molto simile al porridge e viene condito con zenzero, curcuma, pepe nero, cumino e peperoncino, ed è così buono e confortevole da scaldare il cuore. 

Tutto ciò che è fatto fermentare, come i cetriolini e il tempeh, possiede batteri buoni e fa bene al corpo.  Anche io uso la fermentazione come processo, e uso dei sottaceti indiani con mango verde, bambù, frutto di loto e altri prodotti simili. Un piatto molto tradizionale dell’India meridionale è il dosa, preparato con riso e lenticchie. L’impasto viene lasciato a fermentare per due giorni. Il sapore assomiglia molto al formaggio, a causa della fermentazione, ed è un piatto senza glutine molto facile da preparare. Ed è anche molto saziante, basterà solo un contorno di verdure.

Vivere in Portogallo ha influenzato il tuo stile in cucina?

L’alimentazione portoghese è molto mediterranea, è tutto a base di carne e pesce. All’inizio è stato un grande shock culturale, ma adesso uso molti ingredienti portoghesi, ad esempio castagne e fave, che non esistono nella cucina indiana, e li adatto. Preparo anche piatti tipici portoghesi in versione vegana.

Esiste un piatto chiamato peixinhos da horta, letteralmente pesciolini dell’orto, che è una frittura in tempura a base di fagiolini e peperoni rossi. È la madre del tempura, che è stato inventato dai portoghesi. È stato introdotto in Giappone dai missionari portoghesi e i giapponesi lo hanno adattato.

In che modo hai introdotto pratiche di commercio equo nella tua attività?

Acquisto localmente ogni volta che posso. Alcuni ingredienti non sono disponibili e devono essere importati. È la magia del commercio mondiale che non possiamo negare e a cui non possiamo sottrarci. Nel ristorante, esercito una sorta di attivismo passivo. Non vendo bibite gassate. Non usiamo il microonde.

È una sorta di attivismo passivo. All’inizio, avevo deciso di assumere solo persone vegane, ma arriva un momento in cui non si riesce più a trovare personale vegano. Quindi mi sono detto: ok, magari questa persona diventerà vegana o, quantomeno, vegetariana. E il pasto che faranno al ristorante è cruelty-free quindi è un piccolo contributo da parte mia verso il veganismo. E ho fatto diventare vegetariani un paio di miei dipendenti!

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Ho deciso di vendere il mio ristorante e di tornare a scuola per studiare pasticceria. Sto cercando scuole nel Regno Unito, e anche a Barcellona e Madrid. Perché voglio aprire una pasticceria vegana. Non esiste alcuna scuola convenzionale che impartisca corsi completamente vegani, quindi, dovrò studiare pasticceria tradizionale e apportare specifici adattamenti vegani, ad esempio dovrò sostituire i lipidi nei dolci da forno vegani. Uso olio di cocco, ma è possibile usare proteine dei fagioli, proteine delle patate e prodotti simili. Quando cucino, vado sempre a occhio, ma la pasticceria è precisa, e per me sarà una sfida!

Amo i dolci e con la pandemia ho avuto tempo a casa per riflettere. Mi sono reso conto che voglio crescere ancora, fare uno spostamento laterale verso qualcosa di diverso, in cui poter imparare e crescere anche dal punto di vista personale.  Non mi impongo limiti di tempo: dopotutto, dieci anni fa non mi sarei mai immaginato di sedermi qui a fare questa conversazione… delineo i miei sogni e lavoro per raggiungerli, ed è questo il consiglio che mi sento di dare agli aspiranti chef: seguite i vostri sogni. Per me, è stato come tuffarmi in acqua e imparare a nuotare. Non abbiate paura di chiedere aiuto, è il modo migliore per imparare. Fate tutto il possibile per imparare qualcosa di nuovo, perché nessuno potrà portarvelo via. Non si dimentica mai come si pedala o si nuota.

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