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Il mondo dell’ospitalità: una grande esperienza, una grande famiglia

da | CONSIGLI PROFESSIONALI, Ricerca di lavoro, Tendenze dell'ospitalità

Manuel Santos si è diplomato nel 1997 in gestione alberghiera presso l’istituto EHTP, Hotel Management School di Porto, in Portogallo. Da allora, lavora nel settore turistico e alberghiero senza rimpianti. In questo articolo, ci parla del suo percorso, della sua motivazione e di come questo settore ha cambiato in meglio la sua vita, dal punto di vista sia personale sia professionale. 

Cosa ti ha spinto a entrare nel settore turistico e alberghiero, e a rimanervi così a lungo?

Sono cresciuto a Porto, una città in cui, negli anni ‘80 e 90, la scena alberghiera non era particolarmente solida. Alle superiori avevo studiato gestione e finanza, ma non mi vedevo a lavorare in banca o in qualche altro tipo di istituto finanziario, perché ho sempre amato stare tra la gente, viaggiare, fare surf. Volevo trovare qualcosa che mi potesse aiutare a viaggiare per il mondo e usare comunque le mie conoscenze in fatto di management e finanza. La madre di uno dei miei migliori amici aveva viaggiato molto e aveva alloggiato in molti hotel cinque stelle, e si sentiva in colpa. È stata lei a parlarmi di un’ottima scuola alberghiera e di turismo a Porto. Si trattava dell’istituto EHTP, the School of Hospitality Management che, ai tempi (era il 1993) aveva già 25 anni di storia alle spalle. Aveva una reputazione abbastanza buona. Ho studiato l’offerta formativa e mi sono detto: sembra interessante, e potrebbe essere l’occasione per applicare le cose che faccio e che amo e, allo stesso tempo, scoprire il mondo. Ho fatto domanda di iscrizione. C’erano 350 domande per 50 posti disponibili, e ho avuto la fortuna di entrare al numero 5. Era un buon segno, credo.

Mi sono iscritto e ho seguito il programma di gestione alberghiera. Ho fatto i miei due stage nella regione dell’Algarve, e quelle sono state le mie prime interazioni con gli ospiti internazionali, persone di culture diverse, tutte quelle che riesci a immaginare. Ho lavorato presso lo Shelton Pine Cliffs, oggi un hotel di lusso, ma che ai tempi aveva camere molto più modeste. Poi, ho svolto un programma MIT presso un’azienda portoghese, per passare poi all’hotel Orient Express di Lisbona, che oggi si chiama Belmont, dove ho lavorato per tre anni. A quel punto, ho preso il coraggio di trasferirmi a Londra, dove ho trovato lavoro come cameriere. A partire da quel momento, non ho più smesso di andare avanti e di viaggiare.

Quello turistico e alberghiero è un settore unico nel suo genere, perché si ha a che fare con le persone, cosa che per molti è difficile. Altri, invece, vi sono spinti da una passione naturale, e io credo di appartenere a questa seconda categoria. Amo conoscere culture diverse. Ho scoperto diversi modi di pensare, diverse lingue. Ne parlo correntemente quattro, ma conosco anche frasi ed espressioni in altre lingue. Per me, il mondo è un grande film, una grande serie fatta di episodi diversi. Oggi, è Netflix a offrire questi episodi, questi chef diversi. Ma, ai tempi, ero io a crearli, perché non avevamo nulla di tutto ciò. Il settore dell’ospitalità mi ha dato questa esperienza di vita. La mia carriera mi ha dato anche la possibilità di conoscere mia moglie, che è belga e che ho sposato a Dubai nel 2004. Abbiamo tre figli che hanno già visto tutto il mondo. Se chiedi loro da dove vengono, non sapranno cosa rispondere, ma sono felici. È stata la scelta migliore che io abbia mai potuto fare per la mia vita. 

Sapevi che avresti potuto creare una carriera internazionale? La tua prima mossa azzardata, quella di trasferirti a Londra, è stata davvero coraggiosa

Sono andato lì senza un lavoro. Ho iniziato a lavorare come cameriere presso l’hotel Cumberland. È un’esperienza che non figura nemmeno nel mio curriculum, perché è irrilevante. Sono arrivato a Londra assolutamente senza lavoro e senza un posto dove stare. L’unico hotel che offriva anche una sistemazione era il Cumberland, nei pressi di Marble Arch. Ho iniziato a lavorare lì per questo. Ma capisco quello che stai chiedendo. È una domanda che mi viene rivolta spesso. 

Posso solo dirti che per me ha funzionato. È molto difficile, perché la competizione nel nostro settore è molto alta. Ma, dall’altro lato, offre anche più opportunità, perché ci sono nuove catene alberghiere, nuovi prodotti che si adattano molto di più ai nostri ideali. Ai miei tempi, esisteva un insieme definito di norme e tutti gli hotel erano più o meno uguali. O ti adattavi o eri fuori. Oggi, arte e stile di vita solo collegate alla moda, che a sua volta è collegata alla musica. Esistono molte più alternative, molte più destinazioni tra cui scegliere. Sin dall’inizio, sapevo che sarebbe stato un mercato difficile. La competizione è molto dura. Per questo motivo, mi sono detto che, ovunque io sia, qualunque cosa io faccia, dovrò essere il numero uno o il numero due. E questo non significa competere con gli altri, significa competere con me stesso, giorno dopo giorno. Ho sempre guardato alle figure principali, dal punto di vista delle prestazioni e dei risultati, alle persone che venivano alle riunioni davvero preparate, a quelle che facevano ottime presentazioni, a quelle che facevano grandi cose con i loro team. Ho imparato da loro e ho cercato di diventare migliore di loro e migliore di me stesso. Ho fatto molta ricerca. Ho letto moltissimo. Ho seguito molti corsi di formazione sulla gestione del personale, sulla gestione del tempo e sulla leadership. Si dice spesso che non bisogna cambiare il proprio stile di leadership ogni volta che si legge un nuovo libro. È vero: ognuno deve trovare quello che va bene per sé stesso. Ma è anche vero che, in ogni nuovo libro, troverai qualcosa di nuovo che ha senso per te. Ci provi e funziona: ottimo, mettilo in pratica. 

Quindi, ci sono stati periodi di duro lavoro. Ci sono state molte giornate di 12, 14 ore, perché sono stato io a scegliere di farlo, nessuno me lo aveva chiesto. Anche molti fine settimana. I miei primi dieci anni di lavoro, li ho dedicati completamente alla mia carriera. Ho messo la mia vita personale un po’ da parte, senza mai smettere di divertirmi (credo alla filosofia work hard, party hard) ma i miei obiettivi erano davvero tutti concentrati sulla mia carriera. Sono cresciuto moltissimo. Ho partecipato a ogni singolo programma di formazione.

Ho avuto dei mentori. Uno di questi l’ho conosciuto nel 2010, ad Abu Dhabi; era il general manager della proprietà in cui lavoravo. È il mio mentore ancora oggi. Trovare un bravo mentore non è affatto facile, perché i bravi mentori non sono quelli che ti dicono ciò che vuoi sentirti dire. Sono quelli che ti dicono quello che non vuoi sentire, ed è una cosa molto difficile. Ma è così che saprai se sono bravi mentori, perché ti diranno ciò che pensano, e la dura verità è meglio anche per te. 

Ho sempre lavorato così, e sono una persona molto determinata. Non aspetto che gli altri mi dicano cosa fare, o che mi chiedano quale sarà il mio prossimo obiettivo. Quando entro in una nuova proprietà, osservo il mercato e cerco di capire chi è il numero uno. Perché è il numero uno? Possiamo replicare il suo successo? Possiamo fare anche di meglio? Non possiamo? Possiamo cambiare prospettiva e avere comunque successo? Analizzo molto le cose, e poi provo ad agire. Se non funziona, va bene lo stesso, proverò qualcosa di diverso. Ma continuo a provarci fino a che non ce la faccio. È tutto qui. Una delle cose che chiedo sempre ai colloqui è: cosa ti spinge a voler lavorare in questo settore? Quando le persone usano il termine passione, so di aver fatto centro, È l’ingrediente numero uno. Poi, devono avere una certa personalità o carisma perché, indipendentemente da quello che si dice, non c’è niente di peggio di un padrone di casa (e noi, come albergatori, siamo padroni di casa) che non abbia alcuna personalità o carisma. Se non possiedi queste qualità, lavoraci su. Ma non aspettarti di agire come un contabile che crea grafici e avere successo nel mondo dell’ospitalità, perché non è così che funziona, almeno secondo me.

Cosa rende qualcuno o qualcosa il numero uno? 

Ogni volta che inizi a lavorare per un’organizzazione, senti sempre dire: quello è l’hotel di punta, quello è il miglior direttore, quella è la persona più creativa dell’azienda, e quella persona ha i migliori risultati. Non appena entri in una nuova organizzazione, è naturale voler sapere quali sono le figure chiave di cui tutti parlano. Poi, inizi ad andare più a fondo. Perché si parla di queste persone? È per i risultati? Magari hanno lanciato un concept di successo, e così via. Poi, dovrai posizionarti alla loro stessa altezza, ed è un lavoro che richiede tempo, coraggio e strategia. Per quanto riguarda la concorrenza, dovrai capire qual è il tuo gruppo di concorrenti. Non serve a niente confrontarti con qualcuno che non rientra tra i tuoi concorrenti, perché sarebbe un’azione destinata al fallimento. Il tuo gruppo di concorrenti sarà composto da 4 o 5 hotel, 5 o 6 ristoranti, a seconda dei casi. Poi, dovrai chiederti: perché questo è il numero uno del gruppo dei concorrenti? Perché quell’hotel ha quel punteggio, oppure quel ristorante è così in alto su TripAdvisor? I punti da confrontare sono davvero tanti. E sarà necessario lavorare su quegli indicatori per diventare meglio degli altri. 

Cosa diresti a chi sta per finire l’università, per aiutarli a trovare questa grande visione dentro di sé?

Credo che, per i primi anni dopo l’università, sia meglio non pensare troppo al proprio ruolo. I primi tre o quattro anni, è importante cercare di lavorare in grandi città diverse, in quanti più luoghi del mondo possibile: Londra, New York, Tokyo, Singapore, Dubai. Viaggiare il più possibile. Osservare sempre il posto in cui si vive, qualunque esso sia. Non perdere tempo a fare cose che non apportano alcun valore aggiunto alla propria carriera professionale o alla propria vita. Se pranzi fuori, cerca di pranzare ogni giorno in un posto diverso, di provare cucine diverse. Ho imparato di più nei posti più rustici, non necessariamente nei locali più lussuosi. Quando cerchi cibo davvero buono, devi andare in quei ristorantini, in quei localini in cui trovi gente anziana ai fornelli. Parla con loro, avranno molto da spiegarti. Quindi: viaggia, fai esperienze, visita. I nostri cervelli sono come delle spugne: assorbono. Un altro luogo in cui imparo molto sono i social. Seguo molti influencer. Seguo alcuni tra i più grandi chef al mondo, alcuni dei migliori bar e dei migliori hotel, e tutte le riviste di qualità, come Condé Nast, ecc.Consiglio di seguirli e di rimanere aggiornati su tutto quello che succede. Inizia ad assorbire e il tuo cervello, a un certo punto, inizierà a unire i puntini. Inizierai a usare le tue idee e la tua creatività traendo spunto da tutte le informazioni assorbite nei primi anni della tua carriera. È quello che ho fatto io: ho visto più cose che ho potuto, ho cercato più che ho potuto. All’inizio, negli anni ’90, ogni volta che andavo da qualche parte, acquistavo una guida e visitavo tutti i ristoranti, i bar e i luoghi di interesse. Poi, con internet, è diventato tutto più semplice. Uso moltissimo Culture Trip, non è una pubblicità perché non mi pagano per dirlo, ma è un’app che adoro. È fantastica. Ti dà un certo vantaggio sulle cose da fare. 

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