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Brian Silva, leggendario bartender di Londra, svela le regole del Rules

da | CONSIGLI DALL'ALTO, LASCIATI ISPIRARE, Percorsi di carriera

Perché il segreto di un grande cocktail sta tutto nelle proporzioni, come rendere perfetto un martini mescolando per 23 secondi, e perché ama i classici.

Fondato nel 1798 da Thomas Rule, Rules è il ristorante più antico di Londra ancora in attività, specializzato in cucina tradizionale britannica, con piatti a base di selvaggina di stagione. Tra i suoi clienti, troviamo illustri attori (Laurence Olivier, Joan Collins), scrittori (Evelyn Waugh, Graham Greene) e musicisti (David Bowie), e i suoi interni sono stati usati come location di film e serie TV di successo, come 007 e Downton Abbey. Orgogliosamente fuori moda, rievoca un mondo popolato non tanto dalle celebrity quanto da un’aristocrazia un po’ vecchia scuola, a rappresentare la vera essenza britannica racchiusa in uno splendido locale, dalle pareti rivestite in legno e adornato di velluto rosso. Il bar, aperto nel 2008, è gestito da Brian Silva, leggendario bartender di Boston e ampiamente considerato dai critici il migliore del mondo per i cocktail classici eseguiti in maniera impeccabile.

Cosa ti ha spinto verso il mondo della mixologia?

Il mio primo lavoro è stato all’hotel Colonnade di Boston agli inizi degli anni ‘80. Quando ho preparato il mio primo drink, ho capito che era quello che volevo fare. L’hotel era considerato di stampo europeo e la parte che preferivo erano tutti gli ingredienti interessanti che avevo a disposizione: vermouth, sherry, Aperol, Fernet Branca, e del buon gin. Si basava tutto su questi ingredienti, a quei tempi una cosa abbastanza insolita a Boston. Oggi, tutti bevono vermouth, amaro e aperitivi, il nuovo classico se vogliamo, e, senza, non saprei come gestire il bar.

Quando ti sei trasferito a Londra, e perché?

Dico sempre che sono arrivato nel 1989 a.m. –avanti succo di mirtillo– quando il panorama era ben diverso. In quel periodo, secondo me la Gran Bretagna era più una nazione di bevitori di vino, e io venivo dal mondo della mixologia. Ho fatto un po’ di colloqui per tutta Londra, ma mi veniva detto “non hai esperienza in un bar inglese”, e la cosa mi frustrava parecchio. Nel 1994, durante un colloquio all’istituto IOD su Pall Mall con il bartender capo, ho dato una risposta sarcastica sulla mia esperienza nel mondo dei bar inglesi che gli è piaciuta molto. Sono stato assunto. 

Come sei finito al Rules?

Nel 2008, Ricky McMenemy, il direttore generale del Rules, insieme a John Mayhew, il proprietario, hanno deciso che il Rules aveva bisogno di un bar. Doveva essere creato nello spazio al piano di sopra, un tempo occupato dalle sale private, e Ricky mi ha chiesto se mi interessava dargli un’occhiata. Non appena sono entrato, ho detto “Ci sto!” Era perfetto per me: aveva l’aspetto di un club, era vecchia scuola, molto accogliente e invitante. Mi hanno dato carta bianca per fare quello che mi sembrava giusto per il bar, e sono loro molto grato.

Nel 2013, mi è stato offerto di lavorare per Keith McNally, presso il bar del Balthazar di Londra, ho accettato e ho amato il lavoro. Quando è stato venduto a Caprice Holdings, mi è sembrato più una catena, e non mi è andata più bene. Mi è sempre piaciuto lavorare con Keith perché è un vero ristoratore, orientato al servizio. Al Rules è lo stesso, vedono sempre il quadro d’insieme. Sono tornato al Rules nel 2018 per aprire la sala Winter Garden, che, con più di 60 coperti, rappresentava la possibilità di gettare le basi per un bar classico americano in “stile Rules”.

Rules è oggi uno dei bar più emblematici di Londra. Come avete fatto a crearlo?

Il Rules ha diverse regole. Non competiamo con il ristorante, lo arricchiamo. Non serviamo birra, caffè o snack, i riflettori sono tutti sui cocktail. Se ci serve qualcosa di speciale, chiediamo alla nostra pasticceria di prepararlo per noi: sciroppo di zucchero, sciroppo di champagne, o una crema per un cocktail. Tutto è molto classico, vecchia scuola americana, dal modo in cui viene tagliata la frutta alle bottiglie che usiamo, fino al ghiaccio.

Qual è il segreto di un grande cocktail?

Dosare, dosare, dosare... per me è fondamentale. Mescolare e non agitare, se si tratta di bevande spiritose, perché è possibile controllare la diluizione, che apporta equilibrio. Io non uso troppi ingredienti, perché non mi piace confondere il palato. Tre o quattro ingredienti sono sufficienti a mettere in risalto l’ingrediente principale, gin o whisky, ad esempio. Preparati a ribaltare gli stessi ingredienti se vuoi qualcosa con una minore gradazione alcolica. È un po’ come cucinare, mangiamo più leggero e beviamo più leggero, ecco perché i miei drink cercano l’equilibrio. Dietro ogni drink, c’è una procedura assoluta e rigorose ricette, che garantiscono la costanza. Questa è sempre stata la mia filosofia, ecco perché, anche se non ho niente contro la mixologia molecolare, semplicemente non fa per me. La mia passione è per i classici.

E qual è il segreto del tuo leggendario martini?

È mescolato, non agitato. Mi piacciono i gin secchi di Londra, come il Tanqueray o il No.3. Creo da sempre il nostro mix di vermouth, usando due marche diverse e mischiandole 50/50. La ricetta è sei parti di bevanda spiritosa e una parte di vermouth. Mescola una volta e assaggia, così sai qual è il punto di partenza, poi mescola per altri 10 secondi e assaggia di nuovo. Per finire, so che può sembrare sciocco, mescola per circa 23 secondi, in base alla proporzione tra il volume di alcol e il ghiaccio nello shaker. Servilo alla maniera dei club, in un bicchiere ghiacciato. Al Rules usiamo un piccolo boccale ghiacciato e lo versiamo direttamente al tavolo. È una cosa un po’ esibizionista, ma va bene per tenere il drink il più freddo possibile. Per guarnire usiamo soprattutto limone, a volte olive oppure cipolla. Mi piace spolverare il cocktail con un po’ di scorza, ma non lo sfrego mai sul bordo perché se no si nota solo l’amaro del limone.

Credi che sia possibile abbinare i cocktail al cibo e, in caso affermativo, con cosa?

Io non vado oltre un whisky torbato con del salmone affumicato. Ma, per me, se stai bevendo un cocktail e non vuoi accompagnare il pasto con del vino, puoi ordinare un altro paio di cocktail, perché no? Mi succede più negli Stati Uniti che qua, ma credo che tutta la storia di cosa bere con quale cibo si sia evoluta.

Qual è il momento migliore per venire al Rules per bere un cocktail?

Adoro l’ora dell’aperitivo, perché è sempre ora dell’aperitivo da qualche parte del mondo, no? Ma diciamo tra le 16:00 e le 19:00, a meno che non vieni a pranzo, nel qual caso un Bloody Mary è perfettamente appropriato. Il bello dei cocktail è che ce n’è sempre uno adatto a ogni momento del giorno. C’è un ottimo libro sullo Stork Club, che ha aperto a New York nel 1929 e ha chiuso nel 1964 e la prima ricetta è quella di un Manhattan intorno alle 11:00.  Negli Stati Uniti non succede più, ma qui vengo ancora chiamato per un cocktail a pranzo... per fortuna!

Cosa consigli per il brunch della domenica?

I clienti ordinano spesso un Bellini o un Bucks fizz, ma il nostro Bloody Mary è piuttosto leggendario. Lo serviamo in un bicchiere highball ghiacciato ma senza ghiaccio, e sbucciamo sempre il sedano.

Qualcosa per la metà pomeriggio?

Per quanto mi riguarda è il momento dell’aperitivo, quindi Manhattan, Old Fashioned, o Vespa vanno bene. Vedo una grande tendenza verso i cocktail a base di whisky.

E per prima di cena?

Senza dubbio un martini. Ci stiamo spostando sempre di più verso la versione wet, che per me è 25 ml di vermouth e 40 ml di gin.

Quale consiglio daresti a chi vuole lavorare nel mondo della mixologia?

Di prepararsi a fare da aiuto-barista e aiutare davvero i bartender. A controllare il ghiaccio, i bicchieri, i freezer e frigoriferi, e poi ricontrollare una seconda volta, perché, quando tutti gli ingredienti e i kit sono ben preparati, sapremo che quella persona è pronta per essere spostata a contatto con il pubblico, ed è una cosa davvero entusiasmante. È una di quelle competenze che è bene avere per il resto della propria vita, e il lavoro e i contatti non mancheranno mai. Sono quelle cose che faranno entrare in una community globale ma ristretta e che consentiranno di girare il mondo. Quando una persona lavora per te da un po’ di tempo, sai quando è il momento in cui ti lascerà, ed è bellissimo vederla spiccare il volo.

--FINE--

Masterclass al Rules

Brian imparte masterclass di mixologia per gruppi di massimo 4 persone a 95 £ a persona. Le lezioni comprendono tecniche di base, 4 cocktail classici e un paio di cocktail personalizzati a scelta. Disponibile il mercoledì dalle 14:30 alle 16:00. Nota: le masterclass sono esaurite fino a luglio 2022.

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